giovedì 24 marzo 2011

BLAKE GRIFFIN aka THE BEAST aka ROY

Blake Griffin è il miglior rookie della stagione 2010/2011. Mi sbilancio, si fa per dire.
La regular season è agli sgoccioli e credo nessuno al mondo che conosca la forma della palla a spicchi possa avere dubbi su un pronostico ormai decisamente scontato.
Il numero 32 con la maglia clippers si è abbattuto come una tempesta tropicale sul campionato professionistico più bello del mondo e lo ha sconvolto a forza di schiacciate squassanti e prepotenze a rimbalzo.



Blake Griffin è un ragazzino di ventuno anni che scruta il mondo dall’alto dei suoi due metri e otto centimetri, supportato da 114 chili di peso che lo rendono un’ala forte dal fisico devastante e dai piedi, sembrerebbe incredibile, da ballerina.
Griffin è stato prima scelta assoluta del draft del 2009, ma in seguito ad un infortunio occorsogli durante la summer league fu costretto a saltare tutta la scorsa stagione per tornare da matricola all’inizio di quella attuale.
Un lungo così pesante che subisce un grave infortunio al suo sbarco tra i pro non fa venire in mente ricordi esaltanti o promettenti, basterebbe ricordare il caso freschissimo di quello che era considerato “the next big thing”, “nonno” Greg Oden: quindi qualche dubbio il giovane nato ad Oklahoma City se lo portava dietro, insieme alle certezze che aveva dimostrato sul campo dei sooners fino a due anni fa e che facevano presagire un giocatore in grado di essere dominante sotto il punto di vista fisico anche in NBA.
I clippers continuano ad essere una delle peggiori squadre della lega e sono già matematicamente fuori dai playoffs, ma risultano ad oggi una squadra futuribile, che se dovesse riuscire a tenere lontani gli infortuni e allo stesso tempo ad evitare suicidi dovuti a scambi inadeguati, potrà risultare molto fastidiosa tra le contender dell’ovest tra qualche tempo.
Anche se questa sembra un’idea riciclata, che cicilicamente rimbalza nella testa di tanti appassionati ed addetti al settore e che regolarmente non riesce a concretizzarsi mai, il carisma di Griffin affiancato a giocatori di livello come Kaman ed Eric Gordon potrebbe far si che la situazione si ribalti e che finalmente anche i cugini sfigati di Los Angeles possano avere un assaggio della gloria cestistica che spetta da sempre a quelli con la casacca gialloviola. Ma questi sono discorsi che prendono piede dalla fantasia del sottoscritto, e molti sanno quante promettenti squadre ho bruciato durante la mia infinita carriera di appassionato.
Parlavamo di Griffin e del suo approccio all’NBA: in molti si aspettavano grandi cose da lui, ma penso che nessuno fosse davvero pronto ad una rivoluzione.
Non credo di esagerare quando parlo di rivoluzione e i numeri potrebbero parlare da soli: 22.4 punti, 12 rimbalzi e quasi 4 assist per allacciata di scarpe, tirando con il 50 per cento dal campo e mostrando una disinvoltura quasi imbarazzante in qualsiasi aspetto del gioco.
Griffin è stato capace di prendersi il proscenio già dalle sue prime uscite, mettendo in evidenza un atletismo impressionante per uno con il suo fisico ed esaltando pubblico, critici e compagni di squadra ( la faccia del Barone dopo aver alzato la palla dal tettino della lexus durante lo slam dunk contest, nella schiacciata che ha decretato la vittoria di Griffin, non ha prezzo) con schiacciate a quota stratosferica, condite da una squassante potenza che mette a dura prova i ferri di tutta America.
Ma l’energia e l’entusiasmo che caratterizzano il suo gioco aereo sono solo la punta di un iceberg molto più ampio: le schiacciate di Griffin terrorizzano i difensori e non bastano più neanche i raddoppi sistematici quando riceve palla per arginarle, ma Blake possiede un repertorio che sembrerebbe pressochè illimitato: può partire in palleggio dopo il rimbalzo, servire l’assist dal raddoppio al compagno libero e fronteggiare i suoi avversari sia fronte che spalle al canestro.
I piedi educatissimi gli permettono movimenti da piccolo e grazie al peso della parte superiore del corpo può subire contatti molto duri riuscendo comunque a terminare a canestro la sua corsa.
Tutto oro dunque? Non proprio.
Alcuni limiti sono presenti e ben visibili, ma allo stesso tempo mi sentirei di considerarli come margini di miglioramento piuttosto che come mancanze strutturali del giocatore: il tiro dalla media è da costruire, ma obiettivamente nessuno può aspettarsi un altro Duncan e la presenza mentale di Blake nell’arco di un incontro è ancora altalenante, dato che tende a sparire e a disinteressarsi del gioco in alcuni momenti della partita. Difensivamente deve ancora crescere moltissimo, perchè uno con quel fisico e quello stacco da terra deve incutere timore al solo pensiero e per adesso Griffin non ha mostrato di saper arginare i giocatori che lo attaccano alla stessa maniera di come li umilia quando i ruoli sono invertiti.
Il miglioramento statistico nei tiri liberi è emblematico della sua capacità di crescere ancora: a Novembre tirava dalla linea della carità con appena il cinquantotto per cento, fino a salire a marzo ad una percentuale quasi da guardia che si aggira intorno al settantasei ( si, 76 ) percento.
Nonostante la scorsa notte abbia scritto a referto la sua prima tripla doppia da professionista, il temuto rookie wall sembra aver colpito anche “the beast” e le sue statistiche post all star game sono calate notevolmente sia per quanto riguarda i rimbalzi che per il rendimento offensivo: ma un calo era lecito aspettarselo e le motivazioni cominciano a calare a una ventina di partite dalla fine della stagione, con i giochi già belli che fatti.
Dunque un diamante in casa clippers. E quello che sarà sarà: per quanto mi riguarda questo ragazzo fa parte di un’elite che sarà in grado di dominare l’NBA per i prossimi dieci anni, intanto che si accontenti dellla vittoria nella gara delle schiacciate, della doppia presenza al rookie game e alla gara delle stelle dei grandi e del premio di matricola dell’anno. Mi sbilancio, ma così è facile.

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