venerdì 25 marzo 2011

COWGIRL


Il locale era gremito, pieno fino all'orlo, sul punto di esplodere. Ogni posto a sedere era occupato, e dannazione non era uno di quei posti piccoli con cinque tavolini quindici sedie, al contrario.
Era un venerdì sera, e già così si poteva spiegare il fatto che il locale fosse al completo, anche se a dire il vero quel posto non aveva bisogno di aspettare un giorno in particolare della settimana per riempirsi.

La sala era grande e colorata e rumorosa. La musica faceva tremare lievemente le pareti che riflettevano le luci dei riflettori fosforescenti. I tavoli e le sedie erano posizionati fin sotto il palco rettangolare, piccolo e bianco,pulito che sembrava nuovo. Come se fosse stato l'altare di una chiesa risaltava in mezzo a tutte quelle luci perchè di una purezza esagerata.
E stavano lì, sotto quel palco, come i cani di Pavlov al richiamo della campanella. Sbavanti.
Erano signori di mezz'età ben vestiti e ubriaconi  nullafacenti che passavano le loro serate nel miglior modo possibile e c'erano ragazzini appena maggiorenni che probabilmente non sarebbero più entrati in quel posto.
Una fauna eterogenea dell'animale uomo. E quando diciamo uomo non si intende essere umano, ma uomo uomo, il genere uomo, quelli che sulla cui carta d'identità trovi scritto : SESSO: UOMO.
Era un locale per soli uomini, ovviamente. Era un locale in cui tutti i maschietti più arrapati del quartiere potevano rifarsi gli occhi con gentili donzelle che si sarebbero spogliate solo per loro.
Ora le voci si calpestavano e si sovrastavano senza cognizione, senza un senso preciso, ma nel momento in cui quel piccolo palco sarebbe stato calcato dalla prima “ballerina” le voci si sarebbero ammutolite tutte d'un colpo, come per un magico battito d'ali di una fatina, come per un misterioso incantesimo di sottomissione.
In quel momento il piccolo palco senza sipario sarebbe diventato il centro del mondo, per poi sparire a sua volta, sotterrato dalle gambe sensuali delle spogliarelliste.
Ed eccolo quel momento, quello del silenzio, quello degli occhi sgranati: la musica cambiò,passando ad un motivo inquietante e lugubre mentre sul palco saliva una donna dai capelli corvini e la carnagione chiara, coperta da un lungo mantello nero e che indossava un rossetto rosso che risaltava in maniera quasi accecante, quasi da costringere lo sguardo di ognuno a cadere su quelle labbra carnose e volgari. La donna camminava sul palco muovendosi da una parte all'altra e infine si spostò sulla parte anteriore, e attese un secondo, immobile, a guardare il suo pubblico ammaliato dalla sua sensualità.
Quando spalancò la bocca, inferocita e cattiva, mostrò i suoi lunghi denti da vampira, come in una scommessa con le sue vittime. Allora si tolse il mantello, gettandolo tra gli uomini seduti di fronte al palco. Rimase con indosso soltanto un corpetto nero e rosso e una coulotte della stessa tinta.
Rimase lì a sculettare e a muovere il bacino in avanti e indietro, come il pendolo di un ipnotizzatore, centinaia di volte più efficace. Il pendolo che oscura ogni coscienza maschile, dai tredici ai 90 anni, e quasi mai fa male.
Ma lei era malvagia, cattiva, terrificante e tremenda: mostrò ancora i denti al suo pubblico, con aria minacciosa, quindi si infilò nel mantello nero e sparì così come era venuta. Nell'ombra, come una creatura della notte. Il palco fu avvolto dalla nebbia.
Passò un attimo lungo una vita in cui il palco fu vuoto e gli occhi arrapati di tutti quegli uomini si ritrovarono a guardare quel vuoto, in attesa di una nuova entrata in scena.
E quando dalle casse venne vomitata a volume troppo alto una canzone country la pistolera uscì fuori, un cappello da cowboy sulla testa e una camicia scozzese legata sull'addome. Il cinturone con le due pistole si legava intorno a dei pantaloni di pelle attillati al culo della spogliarellista.
Si muoveva al ritmo della musica, slacciandosi lentamente la camicia e ballando in modo sensuale.
Tirò la camicia tra il pubblico e portò le mani sui fianchi, accarezzandosi mentre venti centimetri più in basso quegli stupidi cani si stavano lottando la pappa a scacchi.
Si slacciò i pantaloni e li strappò, allontanandoli con un piede. A ritmo di musica fece un giro su se stessa mostrando il perizoma bianco e non solo quello.
Mentre tornava a guardare il suo pubblico prese tra le mani le pistole, tirando indietro i due calci e premendo i grilletti mimando con la bocca il suono del colpo.
E PAM PAM dalle due pistole piombo sul pubblico attonito. Piombo vero, fuoco vero, sangue vero.
La cowgirl smise di ballare e sparò finché le due pistole non furono svuotate dai colpi. E premette ancora e ancora quei grilletti. 
Fu una furia omicida.
Gli investigatori lo chiamarono raptus.
Eppure quando il fumo si levò dalle pistole e i suoi occhi guardarono sui seggiolini imbrattati di sangue ed interiora, in quel momento in cui assaporava il gusto del suo atto, in quel preciso istante era lucidissima.

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