lunedì 16 gennaio 2012

Una fantastica giornata

Si svegliò di soprassalto nel suo giaciglio improvvisato. Trovò un mozzicone di canna alla distanza giusta per essere afferrata. L’accese, senza pensarci, aspirando forte. 
Era primavera, non si sentiva più addosso quel tremendo raffreddore dell’ultima settimana, il giorno dopo sarebbe stato il suo compleanno.
Sarebbe stata una fantastica giornata.
 Si scrollò di dosso i pensieri della notte, accese la macchinetta del caffè e bevve. 
Stava ancora fumando mentre si adoperava a farcire una cartina. 
La tirò troppo nell’atto di girarla, rompendola. Trentacinque anni il giorno dopo, quasi vent’anni di onorata carriera da fattone, eppure ancora non aveva imparato a chiudere decentemente una cazzo di canna. 
Sbadigliando tirò fuori un’altra cartina dal pacchetto. Gliene rimanevano soltanto cinque.
Spense una trella e accese l’altra, dirigendosi verso il computer.
Il sole vegliava radioso dalla grande finestra dietro la scrivania e quella sedia da ufficio che era riuscito ad aggiudicarsi in quell’asta online si stava rivelando un acquisto grandioso, che gli permetteva di girare su se stesso, facendolo passare in un istante dal mondo del lavoro a quello del voyeurismo nullafacente.
Doveva ancora finire di scrivere la puntata che aveva cominciato il giorno prima.

La sua grande opera.

La telenovela più fottutamente banale e patetica che avesse mai avuto il piacere di conoscere. Semplicemente immondizia.

Così si buttò in qualcosa di simile a un misto tra la lettura di quello schifo che aveva già scritto e la creazione di nuova merda da propinare ad un pubblico dall’intelligenza indecente:
Ken doveva parlare a Barbie. Era così felice di averla conosciuta.
 Era stata la sua salvezza, giunta al momento giusto per salvarlo dalla depressione in cui era caduto dopo il divorzio da quella troia di Allie.
Era stata, Barbie, non la troia di Allie, un’oasi nel deserto, donandogli amore, passione e comprensione come mai nessun’altra persona aveva fatto.
E Ken aveva tanti di quei progetti adesso: avrebbe venduto tutte le azioni della sua società e si sarebbe dedicato alle sue passioni. Finalmente avrebbe dedicato il suo tempo a dipingere, a avrebbe potuto vivere i suoi giorni in totale serenità. Non aveva alcuna intenzione di farlo da solo. 
Le avrebbe parlato porgendole l’ultimo libro della sua saga preferita, quella che lui aveva sempre considerato robaccia fantasy ma che stava imparando lentamente ad amare grazie all’influenza della dolce e sensuale bionda.
 Sarebbe stato un regalo perfetto per dimostrarle tutte le sue attenzioni.
Anche Ken si stava appassionando alla storia di quella streghetta col cappello che tentava in tutti i modi di trovare l’anello che le avrebbe permesso di sbloccare il sigillo per recuperare la spada con cui avrebbe sconfitto il demone delle montagne. Era piena d’energie e sembrava non avesse paura di niente, nonostante la giovane età e gli enormi dispiaceri che la vita le aveva caricato sulla gracile schiena. La forza dell’amore la guidava ed era sostenuta dal manipolo di amici che aveva incontrato strada facendo, durante la lunga avventura della sua vita.
Ken era più che altro affascinato dalla trasposizione cinematografica della saga, e dall’attrice che interpretava la protagonista streghetta, ma Barbie non lo avrebbe mai saputo, e neanche Ken ne sarebbe mai stato troppo consapevole.
Lo stava decidendo il suo creatore.
Gli sarebbe servito, per una qualche puntata che avrebbe scritto da lì a dieci anni. Forse.
Aveva lavorato abbastanza. Poteva prendersi una pausa.
Ne girò una e si infilò nella vasca da bagno, avvolto dalle goccioline umide che vibravano nell’aria.
Aspirò un ultimo tiro, appoggiò quello che restava della canna nel posacenere lasciato a terra, di fianco alla vasca e chiuse gli occhi sospirando.


Si svegliò di soprassalto nel suo giaciglio improvvisato. Allungò il braccio stiracchiandosi, speranzoso di trovare il mozzicone che effettivamente trovò nel posacenere. Per prenderla smosse l’acqua, facendola uscire dalla vasca e inzuppando il vecchio pavimento verde.
Aspirò, quasi senza incertezze.
Era primavera, quasi alcun dolore gli stava frustrando il risveglio, ed era il suo compleanno.
 Il suo compleanno che coincideva con il giorno della consegna della sua pensione.
In dieci anni di pensione non gli era mai successo.
 Sarebbe stata una fantastica giornata.

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